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Le intrusioni nei litigi fra bimbi

9 Apr

Quante volte da bambini ci è capitato di litigare coi nostri fratelli, cuginetti o amici fino al punto, a volte, di metterci le mani addosso? Ci sono piaciuti gli interventi dei nostri genitori? In genere sì se eravamo la parte soccombente, no nel caso opposto e spesso no in ogni caso, al punto che paradossalmente finivamo per allearci contro i genitori stessi (emblematico il caso dei gemelli che difendono l’un l’altro a spada tratta)…

Tenetevi forte perché sto per rivelarvi qualcosa che molti di voi, d’istinto, non condivideranno subito: l’intrusione nei piccoli litigi quotidiani dei bambini non è utile; anzi è proprio dannosa. I piccoli usano il litigio come forma di confronto sociale e ciò è del tutto educativo e lecito: litigando, essi imparano a misurarsi, a misurare l’«avversario», a capire le proprie debolezze, ad argomentare le proprie ragioni in attacco e in difesa… Insomma, se il litigio non diventa pericoloso (cioè se i bambini non passano alle vie di fatto) o chiaramente insolente e isterico (cioè s’insultano in modo più simile ad adulti squilibrati che a bambini), meglio far finta di nulla.

I rischi di un intervento non necessario sono molteplici: la parte debole finirà per credere intimamente che non sarà mai in grado di gestire un conflitto da sé; quella forte (generalmente oggetto di reiterate punizioni unidirezionali) si riterrà la pecora nera che sbaglia sempre tutto; entrambi si considereranno incapaci di trovare un compromesso, perciò non si porranno mai il problema di quest’importante obiettivo… Intervenire nei litigi dei bambini quindi si configura come un errore di ruolo: la funzione, l’atteggiamento del genitore non sono infatti quelli dell’arbitro (imparziale, anzi spesso parzialissimo) sempre presente in campo: nella partita del bambino, che comprende il litigio, non c’è nulla né alcuno da ritenersi giusto o sbagliato, regolare o meno.

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Liti eccessive e punizione

Ciò detto, è altresì ovvio che, se i bambini dovessero litigare in modo potenzialmente pericoloso, è d’obbligo intervenire subito (con risolutezza ma mantenendo la calma!), separarli in stanze diverse e metterli tutti in punizione per qualche minuto perché capiscano che certi limiti non vanno travalicati (questo sì che è ruolo genitoriale). Attenzione: se anche uno dei due dovesse soccombere (per esempio, il primo tira un pugno sul labbro al secondo, facendolo sanguinare), si curerà il danneggiato con calma, spirito consolatorio ma senza sentimenti di solidarietà; quindi si punirà anche lui perché è utile che capisca che a portare le situazioni al punto di conflitto si è sempre almeno in due.

Dopo la punizione a seguito di un intervento per un litigio pesante, si devono riunire tutte le parti in causa (anche i bimbi eventualmente presenti e che non avessero partecipato all’alterco) e discutere con calma risoluta, ma senza recriminazioni né atteggiamenti di giudizio soggettivo, sugli sbocchi cui un simile confronto avrebbe potuto condurre. Non è quindi utile urlare: “Marco, avresti potuto rompere la testa a tua sorella!!!” bensì spiegare, rivolgendosi a tutti (non solo a Marco e sorella): “Quando ci si dà le botte, si rischia di fare molto male all’altro; per esempio, di rompergli un occhio e accecarlo per tutta la vita! La mamma e il papà non accetteranno mai questo comportamento e sono molto dispiaciuti per quello che è successo!” Così facendo, il bambino che ha agito capirà da solo che cos’avrebbe potuto causare; l’altro si guarderà bene dal portare di nuovo il conflitto all’esplosione; nessuno dei due, tuttavia, sentirà l’inutile pressione mortificante del dito puntato. Ricordiamoci bene: coi bambini non si celebrano processi e la casa non è un’aula di tribunale; se i piccoli cresceranno nell’equilibrio e nel rispetto di sé e dell’altro, da adulti non cercheranno facili difese o dubbie scorciatoie per ottener ragione.

Va da sé che il dialogo costante coi propri figli (non l’urlo o l’imposizione dall’alto) aiuta, nel medio-lungo termine, a risolvere qualsiasi situazione di conflitto perché se anche il bambino più debole dovesse spesso tacere mandando giù il boccone amaro, poi ne parlerebbe col genitore, che sarebbe visto come un riferimento affidabile e non un dispensatore di premi e condanne; mamma e papà potrebbero aiutarlo a capire che, per esempio, esistono cose più importanti nella vita che aver sempre ragione, specie davanti a un prepotente…

Infine si verificano purtroppo situazioni in cui uno dei figli attacca sistematicamente l’altro anche senza alcun tipo di provocazione; in genere ciò succede o in casi strettamente patologici (e quindi è opportuno rivolgersi a uno specialista) o se il genitore tende a rivolgere la propria attenzione (consciamente o meno) verso il figlio vittima degli attacchi; ricordo a tal proposito che, così come tutti noi siamo (o almeno dovremmo esserlo) uguali davanti alla legge, tutti i figli sono uguali davanti ai genitori e quindi bisogna dosare le attenzioni in modo paritetico, indipendentemente da sesso, età e carattere del bambino; in caso contrario, i figli cui è lesinata l’attenzione si sforzeranno di attirarla in qualunque modo, che spesso si rivelerà inadeguato. Di questa specifica situazione tratteremo comunque in futuro nella categoria del disconoscimento.