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I NO che diventano sì

22 Mag

Questo articolo costituiva un corpo unico insieme con quello sull’incoerenza; li ho separati per una maggior facilità di lettura.

NO!Nel preambolo sull’incoerenza ho introdotto l’importanza di mantenere un atteggiamento coerente nei confronti del bambino; vediamo quindi oggi perché se diciamo NO a un bambino, quel NO deve restare un NO. Premetto che esiste solo un’eccezione a questa regola (vedremo più avanti), ma è bene ricordare che un NO che diventa sì produce due effetti pericolosi, uno diseducativo, l’altro psichico:

  1. come per il capriccio, il bambino capisce immediatamente che, tutto sommato, la regola è aggirabile: basta insistere o piagnucolare e tutto si ottiene (ciò che però nella vita reale non capita quasi mai);

  2. il bambino rimane spiazzato dall’assenza di riferimenti, dalla carenza del ruolo genitoriale, e, alla lunga, può diventare insicuro, aggressivo e insomma manifestare un comportamento poco equilibrato.

Poiché il NO deve rimanere NO, invito a rileggere l’articolo sui NO senza alternativa, in cui ho descritto nel dettaglio come e perché bisogna sottoporre il nostro bambino al confronto col prezioso monosillabo.

Dicevo, se ci accorgiamo di aver commesso un errore nell’imporre un NO, davanti a noi si sviluppano solo due strade: o lo facciamo rispettare comunque e la volta successiva prestiamo maggiore attenzione, oppure ammettiamo serenamente: “Ti chiedo scusa, [1] mi sono sbagliato: avevo capito che volevi fare questo e invece tu vuoi fare quest’altro.” Attenzione: la seconda soluzione è valida per i bambini più grandi (dai 4-5 anni), cui possiamo fornire una spiegazione verbale logica, che però dev’essere esauriente e comprensibile dal bambino, altrimenti è meglio mantenere il NO senza spiegazioni. Per i più piccoli (fino ai 3-4 anni), che confondono realtà e fantasia, e agiscono d’impulso guidati dall’istinto della curiosità, è meglio attenersi alla prima soluzione, senza troppe spiegazioni né sensi di colpa.

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Le conseguenze dei NO instabili

Qualora non ci aveste pensato già da soli, vi ho appena fornito un ulteriore strumento per individuare e comprendere le origini delle nostre insicurezze: ansia, frustrazione, rabbia, tendenza a contraddirsi, a non mantenere le promesse… tutto ciò può certamente trovare origine in comportamenti incoerenti dei nostri genitori. Invito quindi a riflettere attentamente sul proprio passato e a porsi domande sullo stile educativo ricevuto. Aggiravo spesso i NO di mia mamma? Se mia mamma diceva NO, poi andavo da mio papà e il più delle volte egli si arrendeva? I miei genitori mi dicevano di non compiere azioni che loro invece praticavano liberamente (come usare un linguaggio scurrile)? I castighi duravano molto meno del previsto? Mi facevano promesse che non mantenevano?

Le domande grottesche cui si trova a rispondere chiunque viaggi negli USA.

Le domande grottesche cui si trova a rispondere chiunque viaggi negli USA.

Come per il mitico foglietto con le domande del Visa Waiver Program per l’immigrazione negli USA, se rispondiamo sì a una o più di queste domande, e allo stesso tempo sappiamo di essere afflitti dalle debolezze che ho descritto poco sopra, è meglio che nel nostro cervello si accenda una spia gialla che ci invita a prestare molta attenzione coi nostri figli: noi, le catene generazionali viziose, vogliamo spezzarle!

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[1] Fra l’altro è uno spunto esemplare per educare il bambino a porgere le proprie scuse in modo opportuno e sincero.

I NO senza alternativa

12 Mag

Nell’articolo sulle regole abbiamo volutamente tralasciato quella più diffusa, ma spesso applicata a sproposito: il NO. Questa parolina magica e la sua fonetica perentoria costituiscono la forma più semplice di regola, il suo simbolo, l’ideogramma primario. Abbiamo ricordato che se instauriamo una regola, è essenziale farla rispettare sempre e comunque, pena la perdita del ruolo, dell’autorevolezza del genitore. Il NO (lo scrivo tutto in maiuscolo perché è uno degli strumenti educativi di base da non perdere mai di vista) non fa eccezione. Riprenderemo questo pilastro educativo in uno specifico articolo nella categoria della coerenza.

NO!Il NO è un paracarro posto in un tornante sul precipizio: va da sé che dev’essere realmente motivato (inutile ripeterlo: al di là, dev’esserci un vero pericolo fisico o psichico per il bambino), estremamente solido (cioè il genitore non deve cedere mai) e invalicabile (pena la caduta del bimbo nel baratro dell’insicurezza o del pericolo).

Tuttavia molti genitori mi fanno notare che, specie coi bimbi più piccoli, non è facile limitare i NO a un numero ragionevole e senza fastidiose, frustranti ripetizioni; a tal proposito è utile fin da subito ricordare che le serie interminabili di NO, specie se immotivate perché si riferiscono ad attività normali per il bambino (esempio classico: “Non correre!”, “Non sudare!”, “Non sporcarti!”), finiscono per passare totalmente inosservate. I NO, essendo una regola, devono seguirne le… regole: pochi, importanti e fatti sempre rispettare.

Onde evitare un inutile e controproducente moltiplicarsi d’improbabili dinieghi, ritengo quindi importante ricordare che ogni NO dovrebbe sempre offrire un’alternativa: “NO, adesso non si può guardare la TV; perché invece non fai [elencare 2-3 alternative su attività che appassionano il bimbo]?”; se il bimbo è abbastanza grande (in età scolare), è necessario aggiungere una spiegazione: “NO, in questo momento non si può uscire perché sta arrivando un temporale ed è pericoloso per i fulmini; perché piuttosto non… eccetera?” Se distraiamo il bimbo senza necessariamente ricorrere all’inganno (come faremmo se lo piazzassimo davanti alla maledetta teletatacattiva: la TV), lo coinvolgeremo positivamente, egli si dimenticherà presto dell’idea iniziale e avremo salvato capra e cavoli.

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Attenzione al linguaggio!

Come per le regole, un piccolo suggerimento sul linguaggio: specificare sempre il NO all’inizio della frase; quindi usare la forma impersonale per esprimere il divieto; infine, se il NO si riferisce a una negazione valida per un periodo limitato di tempo, aggiungere un avverbio o una locuzione che conferiscano temporaneità al divieto; molti studi sulla comunicazione concordano nell’affermare che il “non” è ignorato dal cervello; pertanto, imporre un semplice “Non uscire!” al nostro bimbo, strano ma vero, potrebbe risultare nell’interpretazione opposta: “Esci!” Questo è uno dei motivi per cui molti bimbi piccoli non ascoltano per nulla i divieti: “Non far questo!”, “Non far quello!” diventano una mera istigazione a combinar danni…

NO, adesso non si esce!” ha tre vantaggi: la frase comincia con un “NO” netto e inequivocabile; la forma impersonale non è interpretata dal bimbo come un attacco personale e quindi è digerita meglio; “adesso” fa sì che il bimbo capisca che, se la condizione cambia (ad esempio il tempo migliora), il NO potrà decadere. Attenzione all’uso della forma impersonale ché potrebbe non risultare sempre preferibile: coerenza vuole che essa non si debba adottare se uno dei familiari deve uscire malgrado il temporale (magari per andare al lavoro); il “non si deve” vale per tutti i membri della squadra-famiglia e quindi, se si prevede che qualcuno debba uscire comunque, meglio ripiegare sulla cara vecchia seconda persona singolare: “NO, adesso non puoi uscire!”