Nell’articolo sulle regole abbiamo volutamente tralasciato quella più diffusa, ma spesso applicata a sproposito: il NO. Questa parolina magica e la sua fonetica perentoria costituiscono la forma più semplice di regola, il suo simbolo, l’ideogramma primario. Abbiamo ricordato che se instauriamo una regola, è essenziale farla rispettare sempre e comunque, pena la perdita del ruolo, dell’autorevolezza del genitore. Il NO (lo scrivo tutto in maiuscolo perché è uno degli strumenti educativi di base da non perdere mai di vista) non fa eccezione. Riprenderemo questo pilastro educativo in uno specifico articolo nella categoria della coerenza.
Il NO è un paracarro posto in un tornante sul precipizio: va da sé che dev’essere realmente motivato (inutile ripeterlo: al di là, dev’esserci un vero pericolo fisico o psichico per il bambino), estremamente solido (cioè il genitore non deve cedere mai) e invalicabile (pena la caduta del bimbo nel baratro dell’insicurezza o del pericolo).
Tuttavia molti genitori mi fanno notare che, specie coi bimbi più piccoli, non è facile limitare i NO a un numero ragionevole e senza fastidiose, frustranti ripetizioni; a tal proposito è utile fin da subito ricordare che le serie interminabili di NO, specie se immotivate perché si riferiscono ad attività normali per il bambino (esempio classico: “Non correre!”, “Non sudare!”, “Non sporcarti!”), finiscono per passare totalmente inosservate. I NO, essendo una regola, devono seguirne le… regole: pochi, importanti e fatti sempre rispettare.
Onde evitare un inutile e controproducente moltiplicarsi d’improbabili dinieghi, ritengo quindi importante ricordare che ogni NO dovrebbe sempre offrire un’alternativa: “NO, adesso non si può guardare la TV; perché invece non fai [elencare 2-3 alternative su attività che appassionano il bimbo]?”; se il bimbo è abbastanza grande (in età scolare), è necessario aggiungere una spiegazione: “NO, in questo momento non si può uscire perché sta arrivando un temporale ed è pericoloso per i fulmini; perché piuttosto non… eccetera?” Se distraiamo il bimbo senza necessariamente ricorrere all’inganno (come faremmo se lo piazzassimo davanti alla maledetta teletatacattiva: la TV), lo coinvolgeremo positivamente, egli si dimenticherà presto dell’idea iniziale e avremo salvato capra e cavoli.
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Attenzione al linguaggio!
Come per le regole, un piccolo suggerimento sul linguaggio: specificare sempre il NO all’inizio della frase; quindi usare la forma impersonale per esprimere il divieto; infine, se il NO si riferisce a una negazione valida per un periodo limitato di tempo, aggiungere un avverbio o una locuzione che conferiscano temporaneità al divieto; molti studi sulla comunicazione concordano nell’affermare che il “non” è ignorato dal cervello; pertanto, imporre un semplice “Non uscire!” al nostro bimbo, strano ma vero, potrebbe risultare nell’interpretazione opposta: “Esci!” Questo è uno dei motivi per cui molti bimbi piccoli non ascoltano per nulla i divieti: “Non far questo!”, “Non far quello!” diventano una mera istigazione a combinar danni…
“NO, adesso non si esce!” ha tre vantaggi: la frase comincia con un “NO” netto e inequivocabile; la forma impersonale non è interpretata dal bimbo come un attacco personale e quindi è digerita meglio; “adesso” fa sì che il bimbo capisca che, se la condizione cambia (ad esempio il tempo migliora), il NO potrà decadere. Attenzione all’uso della forma impersonale ché potrebbe non risultare sempre preferibile: coerenza vuole che essa non si debba adottare se uno dei familiari deve uscire malgrado il temporale (magari per andare al lavoro); il “non si deve” vale per tutti i membri della squadra-famiglia e quindi, se si prevede che qualcuno debba uscire comunque, meglio ripiegare sulla cara vecchia seconda persona singolare: “NO, adesso non puoi uscire!”
2 Risposte a “I NO senza alternativa”