Mammaliturchi! (gli zombie)

22 Mar

È provato: gli zombie sono fra di noi! E sono molti piú di quelli che pensiamo…

Osservando con un po’ d’attenzione chi ci circonda, ogni giorno notiamo donne e uomini frustrati, poco sensibili, aggressivi: la collega che ci racconta solo gli avvenimenti negativi che hanno costellato la sua misera giornata, il tizio che lascia la porta sbatterci in faccia subito dopo essere passato, il conducente che ci impone insistentemente di fargli strada anche se stiamo per terminare un sorpasso e siamo genuinamente pronti a rientrare al piú presto. Gente giuridicamente viva, ma socialmente morta (o sulla via dell’ineluttabile declino).

Spesso, se ci soffermiamo a riflettere, ritroviamo in noi stessi una o più di queste condizioni emotive e sappiamo che è difficile, se non impossibile, liberarsene. Perché? Perché esse sono radicate in noi fin dall’infanzia; se proprio non scaturiscono da un trauma, sono il prodotto di precise azioni negative ripetute sistematicamente per anni da parte dei nostri genitori [1] nell’errata consapevolezza che “meglio che me ne occupi io!”, “adesso ho da fare!“, “una sculacciata ogni tanto serve!”. A volte gli zombie siamo proprio noi.

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Federica, Paolo e Francesco

Ho tre amici-zombie: Federica, Paolo e Francesco. Sono tre persone anagraficamente mature e molto diverse tra loro, ma condividono tre “disturbi emotivi” che inficiano quotidianamente e in modo radicale il loro benessere: l’insoddisfazione, l’infelicità e l’ansia. Essi sono irrequieti, insicuri e impulsivi: il lavoro non dà loro alcuna opportunità di riscatto, non sanno prendere una decisione, la relazione col partner e i figli è critica. Sono tre amici che non hanno mai potuto trovare un equilibrio e probabilmente non lo troveranno mai. La loro vita non è propriamente quella che un padre o una madre “normali” augurerebbero mai a un figlio, eppure questi delitti contro la persona accadono quotidianamente sotto i nostri occhi nei modi piú impensati: madri apparentemente innocue che allacciano le scarpe ai loro “bambini” di 13 anni rendendoli incapaci di badare a se stessi; padri irreprensibili che mettono i due figli in competizione (“Guarda com’è bravo tuo fratello!”) generando un adulto narcisista e arrogante, e un eterno immaturo, cronicamente convinto d’essere un idiota.

Federica è cresciuta in una famiglia di operai precari; i suoi genitori capirono presto l’importanza di avviare la loro unica figlia verso una condizione di maggior stabilità e in particolare la mamma programmò la vita della fanciulla fin nei minimi dettagli, dedicandole ogni risorsa economica: lunedì e giovedì pianoforte, martedì e venerdì piscina, il mercoledì catechismo; sabati e domeniche passate ad aiutare nello studio una bambina molto volenterosa, che otteneva risultati eccellenti in qualunque disciplina si cimentasse. Era una mamma amorevole ma ossessionata dal desiderio che sua figlia si sentisse sempre serena, protetta e accudita; era impellente in lei il desiderio che la bambina si emancipasse dalla condizione in cui la famiglia viveva; insomma, per sua figlia voleva il meglio, il «salto di classe». Dopo la laurea in farmacia con 110 e lode, Federica trovò subito lavoro, si sposò ed ebbe figli, ma non si mosse mai da quella che fu la sua prima occupazione e scivolò presto nello sconforto, nello scetticismo e nella depressione, oltre a manifestare fobie e ossessioni per le quali è tuttora in cura presso un professionista.

Paolo era un bambino geniale: leggeva e scriveva a tre anni, nutriva mille interessi; cresciuto in una famiglia benestante, fu stimolato fin da piccolo all’arte, all’osservazione, al pensiero critico. Il padre, uomo estroverso e ottimista, era un pittore di media capacità. Ma. C’è un «ma» grande come una casa. Sua madre, un’insicura che pure era riuscita a trovare una sua strada (dirigeva una PMI di successo), autoritaria quando l’autorevolezza le faceva difetto, non era in grado di manifestare alcuna emozione, praticava il culto del controllo su tutto e tutti, e, last-but-not-least, aveva «l’alibi del lavoro». L’alibi del lavoro è quella condizione morbosa secondo cui la professione esercitata deve avere la priorità su tutto e tutti perché “ho una famiglia da mantenere!”, “il lavoro è una roba importante!”, “la gente seria parla poco e si dà da fare!”

Francesco era un bambino dolce e sensibile; la sua famiglia apparteneva a quella che oggi potremmo definire classe media: una vita normale in una grande città, con tanto lavoro e qualche soddisfazione. La mamma di Francesco era una donna insicura e fragile, in perenne conflitto col marito; non partecipava in modo attivo all’educazione del figlio, anche se talvolta era in grado di manifestare affetto in modo spontaneo e intenso. Il padre, un uomo di gran senso pratico ma emotivamente instabile, era aggressivo, alzava spesso la voce e prediligeva un linguaggio profetico (con tanto di ditino teso), dichiarativo e risoluto; a volte mollava pure qualche scapaccione perché “in certi frangenti funzionano molto piú di tante parole!”. Francesco chinava la testa e replicava tra i denti, scoppiando spesso in pianti isterici e inconsolabili.

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Di chi è la colpa?

Pur coi loro difetti, potremmo dirle tre famiglie relativamente normali, plumbea mediocritas, ma che tuttavia hanno generato tre “mostri”, tre infelici, tre vite forse buttate, sprecate nell’impotenza di un irrinunciabile imprinting emotivo. Domanda: di chi è la “colpa”? Analizzando il comportamento dei genitori di Federica, Paolo e Francesco, è intuitivo che essi abbiano giocato un ruolo-chiave nella formazione del carattere dei propri bambini, poi divenuti adulti frustrati. Ma scavando un po’ piú a fondo nella genealogia scopriamo che:

  1. il desiderio di protezione nei confronti di Federica (la collega depressa) è frutto dell’abbandono della mamma in un orfanotrofio da parte dei nonni;

  2. il bisogno di controllo della mamma di Paolo (il tizio che ci sbatte la porta in faccia) scaturisce da una “reazione” alla totale assenza di ruolo dei nonni, ciò che produce insicurezza a causa dell’assenza dei necessari riferimenti forti;

  3. l’aggressività verbale e fisica del papà di Francesco (quello che “spòstati ché passo io!”) è conseguenza diretta dello stesso comportamento del nonno.

E se ci soffermassimo a pensare quale potrebbe essere il comportamento di Federica, Paolo e Francesca nei confronti dei loro stessi figli? Difficile credere a uno sbocco positivo, se i tre: 1) non si documentano sugli effetti nefasti della “cattiva educazione” subita e su quali specifici comportamenti producano disastri certi nei propri bambini; 2) dopo essersi informati, non si soffermano a riflettere su se stessi, cercando di identificare le azioni dei dei propri genitori che hanno prodotto le debolezze che li affliggono, nonché su eventuali ulteriori fragilità sviluppate per altri eventi della vita; 3) non si esercitano nell’arte pratica di evitare il ripetersi degli stessi errori nell’educazione dei propri figli.

Insomma, sembra che questa maledetta catena generazionale del vizio, intesa come il perpetuarsi, l’“inoltro”, la trasmissione generazionale di metodi educativi discutibili, produca effetti ben poco virtuosi sul nuovo nato; pertanto è lapalissiano che qualcosa di concreto per contrastarla debba essere fatto…

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Il progetto

Poiché dicono che nella vita bisogna anche dedicarsi agli altri per concedersi un senso nella società, col mio blog vorrei contribuire a ridurre la quantità di zombie in circolazione. Come? Invitando i genitori potenziali o reali a riflettere sulla concreta possibilità che essi stessi possano essere portatori (sani o meno [2]) di vizi educativi.

Elencherò quindi in modo schematico e semplice i “metodi educativi” errati che osservo piú frequentemente fra i genitori italiani. Ogni lettrice o lettore del blog potrà usare questo strumento a piacimento, in totale intimità e riservatezza, per riflettere sull’impatto che uno specifico comportamento dei propri genitori può aver avuto su se stessa/o; oppure potrà valutare con piú cognizione di causa le conseguenze che ogni proprio specifico comportamento può comportare per i figli. In molti casi offrirò semplici suggerimenti empirici e pratici su come evitare il danno.

Cosí facendo, spero, pur nel mio piccolo angolo virtuale, di contribuire a migliorare l’equilibrio e la maturità della nostra società; desidero spezzare quella maledetta catena generazionale che fa sí che gli errori educativi dei nonni, proiettati sui figli, finiscano per inficiare l’equilibrio emotivo, la serenità, la vita dei nipoti e di chi con loro si trova a condividere il proprio cammino. E cosí via, nell’immancabile succedersi delle generazioni umane.

Ho pensato di strutturare questo progetto in sei parti, qui divise in categorie: un’introduzione (cui appartengono questi due articoli), gli errori di ruolo, l’incoerenza, la violenza, l’inganno e il disconoscimento. A parte l’introduzione, ognuna delle categorie rappresenta un raggruppamento di comportamenti scorretti del genitore, che finiscono con l’ottenere specifici comportamenti scorretti del bambino (che poi diventa adulto, ricordiamolo). Col primo articolo entriamo pertanto nel nocciolo della questione affrontando le principali devianze dal difficile compito cui il genitore è preposto.

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[1] O chiunque abbia per noi costituito nell’infanzia una figura di riferimento forte.

[2] Spesso i vizi educativi dei genitori sono evidenti e automaticamente traslati nel comportamento del figlio. Per esempio, un nonno violento può facilmente rendere manifestamente violento il proprio figlio, che quindi, da adulto, adotterà lo stesso metodo col nipote (urli e sculacciate “quando ce vo’!”). In altri casi, a seconda del contesto e dell’indole della “vittima”, da un’educazione violenta può scaturire un atteggiamento remissivo e insicuro; un individuo apparentemente calmo, ma pronto a esplodere come un ordigno nucleare ad ogni superamento del limite di tolleranza della frustrazione.

27 Risposte a “Mammaliturchi! (gli zombie)”

  1. liberadidire79 22 marzo 2013 a 10:34 #

    grazie.
    un articolo veramente utile….credo di essere un pò zombie anche io.
    posso rebloggarlo anche da me?
    Marianna

  2. @robertarex 22 marzo 2013 a 19:47 #

    Ho letto un paio di volte l’articolo.

    Le tue teorie filano lisce, troppo lisce a tal punto che ad un certo momento ho pensato: Ma chi si crede di essere? Che competenze ha? Quali sono le sue fonti? Perchè parla dall’alto di un piedistallo? Poi ho pensato a te, a me, un po’ a tutte le persone che conosco e sono arrivata alla conclusione che mi piace come scrivi proprio perchè sai tirar fuori una parte di te, e noi, e da ieri tutti quelli che hanno letto con attenzione il tuo blog, sappiamo bene il significato del “far uscire”.

    Per quel poco che vale la mia opinione, mi sento di dirti di continuare su questa strada.

    p.s. Non vedevo l’ora di leggere il nuovo articolo e ho come la sensazione che questa voglia mi accompagnerà per un bel po’

    • @VaeVictis 22 marzo 2013 a 23:48 #

      Sai che, tutt’al più, io penso di essere; il credere non fa granché parte del mio antipatico DNA. Ti ringrazio della fiducia, che spero di non deludere mai (patetico, lo so).

      • @robertarex 23 marzo 2013 a 08:26 #

        Patetico? Ma scherzi? Direi molto carino 🙂
        Il tuo antipatico DNA, quando non ti rende del tutto insopportabile, ti rende folle e simpatico…
        Hai ragione: nemmeno io credo, significa che anche io sia in grado di pensare? 😀
        Buon fine settimana 😀

  3. Mariella Currà (@marielladidi) 22 marzo 2013 a 21:58 #

    Non sono totalmente convinta che da pessimi genitori nascano futuri pessimi genitori, sarebbe una strada senza uscita, perenne! C’è la capacità dell’essere umano di riflettere sugli errori visti o subiti e il tentativo di migliorare e migliorarsi per non ricadere negli stessi errori con i propri figli. Sarebbe deprimente pensare all’individuo come statico e immobile che mai migliora ! E poi c’è la resilienza…dove la mettiamo la resilienza!

    • @VaeVictis 22 marzo 2013 a 23:51 #

      Mi pare che stiamo sostenendo lo stesso concetto, no? Se un padre vittima di un’educazione di scarsa qualità non si ferma a riflettere, probabilmente correrà molti più rischi di replicare gli stessi errori coi figli, rispetto a chi qualche dubbio se lo pone. Io poi avrei un’idea di dove mettere la resilienza… 😀

  4. Stefania Buffa 23 marzo 2013 a 15:37 #

    A volte il pensiero di essere un po’ “mamma di Federica” mi preoccupa davvero. Passo spesso al setaccio i pro e i contro della vita che sto conducendo e che sto proponendo ai miei figli. Molto impegnativa…
    Ma come si fa a capire quale sia il limite da non superare?
    Quante volte ci penso…

    • @VaeVictis 24 marzo 2013 a 12:00 #

      No, guarda, non ci siamo. La mamma di Federica era una donna pacata e dolce come tua mamma, ma ossessiva come certamente tua mamma non è mai stata: la figlia doveva eccellere in tutto e le doveva essere creato un ambiente, posso usare un termine forbito?, risk-free. Andrea e Mattia sono due bambini calmi ed equilibrati, pur con le esuberanze della loro età; oltretutto osservo che, sebbene molto diversi fra loro, hai permesso che ognuno sviluppasse la propria inclinazione (cioè non hai attivato quel metodo deleterio che definirò nel blog come disconoscimento). Non guardare al fatto che entrambi studiano musica: la cosa è ovvia perché essi l’hanno ascoltata fin da piccolissimi (anzi da prima di nascere!) e quindi, per loro, la musica è un linguaggio naturale come la parola; non è che l’hai fatta studiare a tutt’e due perché a te sarebbe piaciuto avere due figli musicisti o perché il più piccolo ha uno spiccato orecchio assoluto e quindi anche il più grande deve esercitarsi in tal senso.

      No, il tuo metodo educativo è equilibrato e ragionevole. Il lavorare tanto, poi, è solo un bene: del resto, nella vita non potranno starsene facilmente con le mani in mano e darsi molto da fare contribuisce certamente alla soddisfazione di sé. Mi offri uno spunto per ricordare che comunque un bambino ha sempre bisogno di periodi della giornata in cui sperimentare la noia perché tutti noi (e i bambini in modo particolare) siamo dotati di un meccanismo innato di autodifesa verso questa condizione stressante e siamo quindi obbligati a inventarci qualcosa per passare il tempo. Le grandi idee sono spesso nate dalla noia…

      Non scherzo quando affermo che dovresti partecipare attivamente a «la Catena di #Elettra»: sei una donna, una mamma di successo, e quindi il tuo messaggio arriverebbe molto più profondamente nel cuore e nel cervello di altre mamme e papà; se lo scrivo io, sì, magari si rendono conto dell’amore per i bambini che mi anima, ma l’effetto è certamente più superficiale.

      • Stefania buffa 26 marzo 2013 a 22:48 #

        Carissimo, la tua sicurezza in qualche modo è un sostegno. Grazie. Spero davvero che tu abbia ragione 🙂

  5. tiziana sere sesti 24 marzo 2013 a 08:47 #

    carissimo Bruno, a me piace molto la tua guida all’osservazione dei genitori perchè è condotta con serenità e leggerezza. Molto spesso questo tipo di indagini portano con sè sentimenti di gravità o di ansia mentre invece dovremmo essere felici di avere nuove chiavi di lettura della nostra vita e non temere il nostro sguardo attento su noi stessi.Io sono grata a chi come te mi offre questa possibilità.
    ciao

    • @VaeVictis 24 marzo 2013 a 12:09 #

      Ti ringrazio, ma a volte fatico a trattenermi quando osservo situazioni che chiaramente pregiudicano l’equilibrio e la serenità del bambino (come il genitore che urla o dà quello «sculaccione che una volta tanto funziona molto più di mille parole!» Quindi non ti prometto che, qualora dovessi trovarmi di fronte a personaggi che glissano coscientemente sulla gravità della violenza o dell’incoerenza come «metodi» educativi, manterrò un atteggiamento pacato…

  6. Monicanic 25 marzo 2013 a 10:17 #

    ciao de giusti, blog geniale, secondo il mio punto di vista in tutto gli errori fatti saranno sicuramente rifatti nascosti sotto altra forma, io no ho fatto sicuramente gli errori dei miei genitori ma assolutamente ho fatto errori che i miei figli mi rinfacciano… credo che sia il cerchio della vita, quello che mi spaventa, nel guardarmi intorno è la totale mancanza di AMORE, non siamo più capaci di amare, non siamo più capaci ad insegnare ad amare, questo, per me, è sicuramente l’errore più grande…

    • @VaeVictis 25 marzo 2013 a 15:39 #

      Mia cara Monica, Francesca e Carlo sono due ragazzi maturi e indipendentissimi. Devo aggiungere altro? Vieni a visitare «la Catena di Elettra» di tanto in tanto; penso che la tua esperienza serva anche ad altri. Baci! :*

  7. simo1978 25 marzo 2013 a 21:10 #

    caro zio, perchè nel prossimo argomento non parli della violenza psicologica che subiscono i figli e provocano seri problemi in età adulta?

    • @VaeVictis 25 marzo 2013 a 21:15 #

      Cara nipotina, come immagino tu sappia, la cosa mi sta parecchio a cuore. Gli argomenti sulla violenza psicologica saranno molteplici, fra cui il controllo ossessivo e la paranoia, tanto per citarne due. Ora sto trattando gli errori di ruolo; poi vorrei affrontare l’incoerenza; a quel punto introdurrò il tema dell’uso della violenza verbale (urla), fisica (botte) e psicologica. Se ti farà piacere e te la sentirai, ti invito a partecipare alla discussione. Bacio.

      • simo1978 25 marzo 2013 a 21:31 #

        certo, anche perchè sai benissimo quanto ciò abbia influenzato sulla mia vita…. Bacio

        • @VaeVictis 25 marzo 2013 a 21:35 #

          Appunto, so molto bene purtroppo a cosa ti riferisci; condividere con altri la tua esperienza (cosa che, peraltro, mi pare tu faccia anche in altri social network) può aiutare te stessa e gli altri; quindi, se lo gradisci, ci rivediamo qui un po’ più avanti. Comunque segui il blog perché magari trovi altri spunti interessanti.

  8. Francesca Porta 26 marzo 2013 a 13:32 #

    Volevo farti i complinti per il blog, davvero geniale ma non avevo dubbi che prima o poi avresti fatto una cosa del genere. Ti avviso che ti sto seguendo anche su twitter. Deve però dirti che mi sento particolarmente offesa perché sono venuta a sapere del blog da quella serpe di mia mamma ieri mentre ero dal dentista 😀 GROSSI BACIONI

    • @VaeVictis 26 marzo 2013 a 14:42 #

      Mia tesora, sono davvero estasiato per i tuoi «complinti» 😀 e ti bacio di ritorno. 🙂 Come al solito ho sbagliato: pensavo che a una non-ancora-ventenne non sarebbero interessati granché questi discorsi e invece… Se mamma Monica acconsente, potresti cercare di elencare quelli che secondo te sono stati i punti di forza del suo metodo educativo, e quali invece ritieni che siano stati (se ci sono) quelli meno positivi. Tutto aiuta a sviscerare la faccenda.

  9. Francesca Porta 26 marzo 2013 a 15:01 #

    Devo ammettere che pur avendo fatto molti errori mia madre è stata molto brava con me e mio fratello,tenendo conto dell‘età che aveva e soprattutto del carattere di noi poveri figli.Per quanto mi riguarda il suo più grande lato negativo è stato il troppo sarcasmo quando ero bambina che io non capivo e quindi mi mettevo a piangere.Ma
    ora che sono ventenne posso dire che mi ha insegnato molte cose,fra cui l‘indipendenza-anche quella finanziaria- il rispetto per me e per gli altri e altre tante cose che ogni madre dovrebbe insegnare ai propri figli. In conclusione mi ritengo molto fortunata 🙂

    • @VaeVictis 26 marzo 2013 a 15:08 #

      Conoscendo molto bene te e Carlo, confermo la percezione molto positiva dello stile educativo di tua mamma. Eri una bambina equilibrata, matura e autonoma già a 8-9 anni: tu lo sai, vero?, che ti ho sempre adorato… 😉 Il sarcasmo e l’ironia sono errori classificabili in uno stile educativo basato sull’inganno: anche di questi tratterò più avanti.

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