Violenza psicologica: la punizione cronica

28 Gen

Ho incontrato genitori convinti che educare significhi correggere; inutile dire che essi usano con spaventosa costanza la punizione come «metodo» educativo. Spesso si tratta di poveri frustrati che trascorrono la loro esperienza di papà e mamma sbianchettando sui figli i propri micidiali errori.

PunizioneOra, la punizione può a volte costituire un espediente necessario, specie coi bambini più piccoli, che basano la propria interazione col mondo principalmente sulle emozioni. Per quelli più grandi, suggerisco di usare sempre e solo il premio quando fanno di più e meglio di quello che da loro ci si aspetta (in termini professionali, direi che riconoscere la qualità è un ottimo stimolo al miglioramento) e poi con loro, essendo più “logici”, è più facile spiegare verbalmente perché hanno sbagliato e a quali conseguenze l’errore avrebbe potuto condurre.

Come ho già scritto (per esempio qui e qui), la punizione deve:

  1. essere ferma: una volta decisa, non cedere per nessun motivo;

  2. essere giusta, cioè logicamente collegabile a un’azione specifica che il bimbo ha compiuto, quindi spiegabile e facilmente comprensibile;

  3. avere per oggetto un bene o un’attività non di stretta necessità (emotiva, psichica, pratica) al bambino. Così è certamente deleterio colpire il piccolo negli affetti («Ti sei messo le dita nel naso, ora non vedrai la tua amica del cuore!») o nelle attività salutari («Hai freddato il nonno, non uscirai a giocare a pallavolo con gli amici!»). Meglio sequestrargli il telefonino, il videogioco o impedirgli la visione del suo cartone preferito, specie se è un manga erotico giapponese!

Però la punizione dev’essere l’eccezione, mai la regola. A titolo orientativo, se castigo mio figlio ogni giorno, ho un problema. No, non “ha”. “Ho”. Il problema è mio di genitore perché:

  1. se mio figlio si comporta tanto male da meritare oggettivamente una punizione quotidiana (es. rompe un Rolex ogni giorno o tende a usare il mitra con ostentata perseveranza), allora devo rivedere il mio stile educativo; evidentemente non sono credibile (rileggerò quindi l’indice de «la Catena di Elettra» per scovare il mio errore di genitore malaccorto);

  2. se sento la necessità di punire mio figlio per errori oggettivamente minori (è caduto un maccherone sul tappeto, si gratta il pisello, ha bruciato la formichina con lo zampirone), il problema probabilmente sono io, genitore con probabili tendenze ossessive e paranoidi. Guardate che tutti, più o meno, siamo inquadrabili in uno o più disturbi della personalità, pur senza che ciò costituisca una reale patologia; io per esempio sono parecchio ossessivo-compulsivo, come lo era mio padre, e ho un fratello decisamente narcisista/istrionico. È che le “caratteristiche” della nostra personalità diventano patologie quando si finisce per rovinare la vita a noi stessi e/o a chi ci sta vicino. Se si hanno dubbi, consiglio di rivolgersi a un esperto del settore: io non lo sono.

Un bambino in età prescolare (3-4 anni) potrebbe, diciamo, “invogliarci” a punirlo un paio di volte al mese, ma se nostro figlio di 8-9 anni ci obbliga a farlo più di 2-3 volte all’anno, significa che dobbiamo rivedere il nostro stile educativo. Se si applica il principio del premio fin da quando nostro figlio è in grado di comunicare emotivamente, le punizioni saranno ridotte al minimo necessario già dai 3-4 anni. Provare per credere!

Le conseguenze della punizione cronica sono gravi; di seguito ne elenco alcune.

  1. Il bambino non è più in grado di distinguere quando sbaglia da quando fa le cose per bene e quindi confonderà bene e male con estrema facilità; sarà perciò ormai inutile punirlo quando si recherà dagli amichetti nel parco giochi, al volante del TIR sottratto allo zio disattento (sono cose che succedono).

  2. Egli comincerà a raccontarci balle per evitare la punizione; questo potrebbe persino costituire un vantaggio per il suo futuro, vista la carenza di bravi esperti di marketing, ma in politica è un profilo di cui si è già sufficientemente abusato e quindi suggerirei d’evitare…

  3. Il bambino timido/riflessivo si chiuderà in se stesso sentendosi inadeguato, frustrato, infelice (“Perché sbaglio sempre?”) Quello impulsivo/vivace non prenderà ben presto più sul serio le punizioni (il genitore perderà ruolo) e finirà per vivere come un orfano senza controllo, con tutte le conseguenze gravi del caso (bullismo, aggressività verbale e fisica eccetera).

Cerchiamo quindi di valutare il nostro stile educativo. Se le punizioni superano i parametri del tutto indicativi che ho riportato qui sopra, meglio rivolgersi a 2-3 amici fidati, possibilmente anche a quelli senza figli (gli altri potrebbero essere troppo coinvolti emotivamente), e chiedere loro se, secondo il loro parere, siamo troppo “punitivi” nei confronti dei nostri figli. Analizziamoci con l’aiuto degli altri e, se dovessimo ravvisare un problema, ricorriamo a un esperto (di famiglia, coach per i figli, psicoterapeuta eccetera): la serenità e l’equilibrio dei nostri figli è in fondo il nostro primario obiettivo, no?

5 Risposte to “Violenza psicologica: la punizione cronica”

  1. piccoleparole 28 gennaio 2015 a 14:24 #

    Concordo!

    • @VaeVictis 28 gennaio 2015 a 14:26 #

      Grazie. Essendo tu un’esperta, naturalmente aggiungi o critica pure tutto quello che ritieni opportuno.

      • piccoleparole 28 gennaio 2015 a 14:51 #

        Come ben sai condivido le tue idee in fatto di educazione sin da quando ti seguo su Twitter (@comemusica). Non ho figli, ma, insegnando, ho sotto gli occhi quotidianamente i riflessi dei metodi educativi di tanti genitori. Troppo remissivi a volte, troppo punitivi altre e a farne le spese sono sempre i figli!

  2. Christian Gelagi 28 gennaio 2015 a 15:11 #

    Ciao Bruno,
    come sempre la tua riflessione è lucida, chiara ed assolutamente condivisibile.

    Devo dire che a me sarà capitata una volta sola di aver messo in castigo mio figlio, anche se accade (non frequentemente, ma accade) di minacciarlo di un castigo.
    Mi rendo conto tuttavia che anche la sola minaccia di un castigo è un errore:
    “Se non la smetti di fare…. , finisci in castigo”.

    Tante volte l’esasperazione, la stanchezza gioca brutti scherzi. E non ci fa vedere che in realtà in casa abbiamo un angioletto che a volte cerca solo un po’ di attenzione.

    • @VaeVictis 28 gennaio 2015 a 15:14 #

      Infatti: si tratta di una minaccia, che, come tu stesso affermi, costituisce un errore. Comunque il discorso rimane lo stesso: perfetti non si può certamente essere, però è importante capire quanto è importante minimizzare i comportamenti educativi sbagliati, rendersene conto al momento e, possibilmente, trattenersi. 🙂

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