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La “sorpresa”

4 Giu

Questo articolo costituiva un corpo unico insieme con quello sull’inganno; li ho separati per una maggior facilità di lettura.

Vediamo perché la sorpresa, intesa – sia chiaro – con accezione negativa, confonde il bambino ostacolandone la maturarità. Per “sorpresa” intendo tutte quelle situazioni inattese d’inganno che l’adulto per sua esigenza o comodità produce, e che un bambino, madrelingua emotivo ma con spiccate doti di logica, non riesce a elaborare in modo razionale. Oltre agli atti che di per sé costituiscono una sorpresa negativa secondo il significato più comune, per comodità ritengo utile far rientrare in questa categoria tutti i casi in cui il genitore interrompe il naturale flusso bisogno → soddisfacimento; anche questo – forse non ci pensano in molti – spiazza completamente il bambino fino a portarlo, in casi estremi, all’incapacità di abbinare uno specifico bisogno all’azione per soddisfarlo.

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Nove “Sorprese” sgradite

Molti di voi rimarranno sorpresi a leggere ciò che considero “sorpresa”, ma mi premurerò, per quanto possibile, di chiarire ogni dubbio. Di seguito illustrerò l’importanza di evitare “sorprese” al bambino, descrivendo nove situazioni tipiche, definendole “errori” proprio per togliere ogni dubbio.

Errore n. 1. Spaventare volontariamente il bambino, anche se solo per gioco. Come nel caso della violenza, anche un piccolo spavento nel momento sbagliato (per esempio in condizioni di fragilità psichica) può costituire un vero e proprio trauma. Mai spaventare il bambino per nessun motivo: basterà la vita di tutti i giorni a fargli prendere quotidiane dosi di “strizza”. Ovviamente, se dovesse capitare d’impaurirlo in modo involontario, basterà minimizzare l’accaduto senza però sottovalutare l’emozione del bambino, che andrà anzi riconosciuta verbalmente:Ti chiedo scusa, Matteo, se ti ho spaventato: so che ora sei tutto impaurito, ma vedrai che passerà subito.”

Errore n. 2. Pronunciare, anche scherzosamente, frasi come: “Non ti voglio più vedere!” o peggio: “Non ti voglio più bene!” Queste sono estremamente pericolose perché il genitore è un riferimento primario; il bambino, specie se piccolo, non è per nulla in grado di valutare l’attendibilità di simili espressioni, che vengono pertanto interpretate in senso letterale scatenando la paura più istintiva e intensa che egli conosca: quella dell’abbandono.

Errore n. 3. Addormentare il bambino nel lettone per poi spostarlo nel lettino. Ciò naturalmente non vale per lattanti e bimbi piccolissimi; diciamo dall’età in cui il bambino comincia a comunicare verbalmente col genitore. Sembra un’azione del tutto naturale e innocua, ma in realtà la compiamo sempre per nostra comodità. Che cosa penseremmo noi se ci addormentassimo nel letto di casa e il giorno dopo ci svegliassimo, non dico sul Cervino, ma anche solo sul tavolo della cucina?! E comunque rimane valido il discorso per il quale il lettone per i bambini dev’essere sempre off-limits

Mi rendo conto che può sembrare poco pratico o addirittura una cattiveria, ma se il bambino si addormenta in altro luogo (sul divano, in auto), quando è il momento di coricarlo nel suo letto è opportuno svegliarlo (naturalmente senza creargli una situazione incompatibile col sonno, come urlare, eccitarlo o mettergli fretta) e lasciargli percorrere il tragitto con le sue gambe: tanto non vedrà l’ora d’infilarsi nel suo comodo letto per riaddormentarsi al più presto.

Errore n. 4. Nascondere nel piatto cibo sgradito al bambino. Valgono le stesse considerazioni anagrafiche del punto precedente. Se i pomodori risultassero sgraditi al nostro bambino, sarebbe del tutto fuorviante infilarglieli di soppiatto sotto la pasta o la carne; finché il bambino è piccolo si può naturalmente pensare d’inserire il pomodoro come ingrediente (ma non deve essere identificabile!), ma quando egli cresce, inevitabilmente si riterrà ingannato dal genitore che ha cercato di “fare il furbo” e potrà far suo questo metodo discutibile in situazioni del tutto inadeguate.

Meglio piuttosto intraprendere un più difficile cammino educativo (questo è lo scopo del genitore!) e stimolare il bimbo ad assaggiare un pochino (anche pochissimo) di tutto, magari prevedendo anche un piccolo premio: il successo ottenuto con onestà costa fatica, ma è estremamente soddisfacente per tutte le parti coinvolte…

Errore n. 5. Imboccare il bambino distraendolo. La fame è uno stimolo naturale che va soddisfatto esclusivamente quando esso si presenta. Se il bambino non ha fame, meglio che non mangi: lo farà al pasto successivo (se ne avrà voglia). Forzare il bambino a ingurgitare cibo distraendolo con giochini, la TV o altre amenità, non lo educa alle azioni corrette che soddisfano il bisogno della fame e della sete: mangiare e bere.

Piccola parentesi: solo i neonati s’imboccano; a un anno e mezzo il bambino dev’essere lasciato mangiare da solo col cucchiaio o con le mani. Chi imbocca un bambino di tre anni o più (peggio ancora!) sta dicendo a suo figlio che è un incapace di sei mesi; non dovrà quindi poi sorprendersi se il quattrenne si comporterà come un neonato anche in altre situazioni…

Per noi è una banalità acquisita, ma un bambino deve addirittura imparare che per ovviare alla sensazione di fame (o sete), bisogna mangiare (o bere). Se si fa mangiare il bambino controvoglia (anche per esempio servendogli quantità di cibo eccessive), innanzi tutto gli s’indurrà avversione al cibo e poi gli si confonderanno le idee sulla relazione logica fame ↔ mangiare. Stiamo tranquilli che il pericolo per i bambini italiani, oggi, non è certo quello di morire di fame: il sovrappeso e l’obesità infantili, una volta appannaggio delle popolazioni statunitensi, costituiscono ormai una catastrofe sanitaria nazionale.

Errore n. 6. Spegnere la luce perché il bambino s’addormenti. Come ho già scritto, l’addormentamento dev’essere un percorso graduale fatto di piccoli accorgimenti e tanta regolarità: abbassare le luci, fare meno rumore, no a giochi eccitanti, lavarsi i denti, pigiama, orsacchiotto (non a sedici anni, per favore!), favola, bacino, spegnere la luce. Se infiliamo sbrigativamente nostro figlio nel letto e gli spegniamo la luce imponendogli di dormire, non lo concilieremo né col sonno né, ancor più grave, con il senso della solitudine che il buio comunque induce.

Errore n. 7. Addormentare il bambino al buio e non fare rumore durante il sonnellino diurno. Questo vale per tutti, lattanti compresi. Il bambino è programmato per dormire anche di giorno e anche con la luce: basta abbassare un po’ le tapparelle giusto per non avere un’illuminazione di pieno giorno; perché egli organizzi al più presto il suo ciclo biologico naturale, è importantissimo che impari a dormire di giorno in condizioni diurne (e cioè con la luce e con i normali rumori di casa, dialoghi a voce normale compresi) e di notte in condizioni notturne (cioè al buio e senza rumore).

Così facendo, più avanti il bambino non avrà mai difficoltà ad addormentarsi nemmeno in ambienti caotici e ciò semplificherà di molto la vita a noi e a lui. Anche questa è educazione.

Errore n. 8. Coprire il bambino (lui) perché si ha freddo (noi). Valgono le considerazioni anagrafiche del punto 3). Come per la relazione fame ↔ mangiare, il bambino deve capire fin da subito che per ovviare al freddo bisogna coprirsi di più e per ovviare al caldo è necessario togliersi una maglia di troppo. Se il genitore copre il bambino in base alle proprie sensazioni termiche, innanzi tutto esercita una sostituzione (che è una forma di disconoscimento del bambino, lo vedremo nell’ultimo argomento) e poi non educa il bambino a capire le sensazioni e a gestire da sé le azioni che inducono il proprio benessere.

Attenzione però: ancora una volta, per noi è banale coprirsi quando fa freddo, ma il bambino piccolo, credetemi, non può saperlo e quindi dobbiamo affiancarlo noi. Se riteniamo che possa aver ragionevolmente freddo, glielo chiediamo e solo se ci risponde affermativamente, aggiungiamo: “Mi hai detto che hai freddo, vuoi quindi una maglia/felpa?” Così facendo gli induciamo la relazione freddo ↔ maglione senza inficiare lo sviluppo della sua autonomia.

Errore n. 9. L’uso di strumenti quali braccioli per nuotare, rotelle per andare in bicicletta, protezioni per i mobili eccetera, oltre un’età ragionevole e/o in assenza di rischio reale. Come per i casi precedenti, interveniamo con un’azione che stravolge la fisica. In bicicletta bisogna imparare ad andare, altrimenti si cade e ci si fa male (non prima dei 4-5 anni perché il bambino non coordina ancora bene l’equilibrio); in acqua, se non si sa stare a galla si affoga. Va da sé che, compatibilmente con l’età, le inclinazioni e i tempi di apprendimento del bimbo, dobbiamo insegnargli al più presto ad andare in bicicletta o a stare almeno a galla (esistono corsi in piscina anche per bambini piccolissimi). Patetici, poi, (e pericolosi!) i casi di quei genitori che mettono i braccioli ai bimbi quando l’acqua è profonda 30 cm: il bambino non capirà minimamente a che cosa servono quelle cose che gli s’impone e rischierà di sottovalutare il rischio quando egli si troverà in acqua più profonda (potrebbe levarseli ritenendoli inutili).

Non raccomando poi le protezioni per i mobili, a meno che questi non abbiano vertici/spigoli davvero pericolosi (per esempio appuntiti o taglienti), nemmeno per i bimbi più piccoli: la vita è piena di pericoli e noi dobbiamo preservare l’incolumità dei nostri bambini soltanto nelle situazioni davvero pericolose (come il rischio di cadere da un balcone, di finire sotto una macchina, di ferirsi con un coltello, di rovesciarsi acqua bollente addosso eccetera); sarà naturalmente importante che spieghiamo al bambino perché i vertici dei mobili possono fare male, ma sarà inevitabile che egli lo impari da solo con qualche bernoccolo…

Esistono innumerevoli altre situazioni di “sorpresa” e non è certamente possibile elencarle tutte; spero con questi esempi di aver comunicato in modo efficace il motivo per cui bisogna evitarle. In ogni caso, invito a una discussione di questo tema così particolare nei commenti.